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Risoluzione convenzionale invalidata

La risoluzione convenzionale consente al datore di lavoro e al lavoratore vincolati da un contratto a tempo indeterminato (CDI) di concordare reciprocamente le condizioni di risoluzione del contratto di lavoro che li vincola.

Tuttavia, questa modalità di risoluzione del contratto di lavoro prevista dalla legge è aperta a determinati dipendenti a determinate condizioni. Ad esempio, non è valida la risoluzione convenzionale del contratto di lavoro avvenuta in un contesto di molestie morali. Lo ha deciso recentemente la Corte di Cassazione.

Una lavoratrice, in congedo per malattia per uno stato depressivo direttamente connesso alle sue condizioni di lavoro e vittima di molestie morali da parte del datore di lavoro, era stata indotta a firmare una risoluzione contrattuale il giorno stesso del suo rientro al lavoro.

Molestie morali e licenziamento

La Corte di Cassazione ha stabilito che non è valida la risoluzione contrattuale di un contratto di lavoro nell’ambito di molestie morali. In un caso recente, una dipendente che era in congedo per malattia a causa di uno stato depressivo causato dalle sue condizioni di lavoro e che aveva subito molestie morali da parte del datore di lavoro, è stata costretta a firmare una risoluzione contrattuale il giorno stesso del suo ritorno al lavoro. La Corte ha ritenuto che un simile licenziamento ottenuto in tali circostanze non possa considerarsi dato liberamente, equiparandolo ad un licenziamento senza giusta causa. Questa decisione mira a prevenire gli abusi e a tutelare i dipendenti da trattamenti ingiusti.

Secondo i giudici, quando la risoluzione contrattuale avviene in tali condizioni, il consenso del lavoratore non può essere prestato liberamente. Di conseguenza, tale risoluzione produce gli effetti di un licenziamento senza reale e grave motivo che dà diritto al risarcimento dei danni.

In una sentenza del 2019, la Camera Sociale (1) neutralizza la possibilità di ricorrere alle molestie morali per ottenere la nullità della risoluzione convenzionale del contratto di lavoro. L’assenza di prova del mancato consenso continua quindi ad escludere tale nullità e consente quindi di evitare qualsiasi abuso da parte del richiedente.

1/ Corte di cassazione, civile, Sezione sociale, 23 gennaio 2019, 17-21.550: https://www.legifrance.gouv.fr/juri/id/JURITEXT000038091458

Gabinetto DAMY , Nizza, Diritto del lavoro, aggiornamento 2021.