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PEA PME-ETI: un’opportunità di investmento rivoluzionaria per il 2014:-
D’altro canto, il risparmio per azioni, consentendo, a determinate condizioni, di capitalizzare dividendi e plusvalenze in tutta esenzione fiscale, ha logicamente acquisito un carattere estremamente incentivante agli occhi di qualsiasi investitore, e l’attrattiva per tale meccanismo potrebbe crescere inoltre, mentre la capacità di risparmio per contribuente è appena passata da 132.000 a 225.000 euro.
Entrato in vigore, il decreto varato per l’applicazione dell’articolo 70 della legge finanziaria per il 2014 innalza infatti a 150.000 euro il tetto delle erogazioni effettuate su un piano di risparmio in azioni, denominato PEA, e soprattutto, questo è il segno di l’effettiva comparsa in Francia di una nuova categoria di dispositivi di questo tipo, appositamente destinati al finanziamento delle piccole e medie imprese (PMI) e delle medie imprese (ETI).
Superare le sfide normative: spianare la strada alle imprese idonee: –
Si ricorda che la legge 29 dicembre 2013 ha comportato l’inserimento, all’inizio dell’anno, di nuove disposizioni sui prodotti di risparmio all’interno del Codice Monetario e Finanziario, in aggiunta a que, già esistenti, dedicate al risparmio azionario. , e scritto in termini molto simili.
In particolare, il primo comma dell’articolo L221-32-1, che apre il comma 6 bis del capitolo dedicato ai “prodotti di risparmio generico soggetti a special fiscal regime”, sancisce ora il principio che:
“I contribute with fiscal domicilio in Francia possono aprire un piano di risparmio azionario destinato a finanziare piccole e media imprese e società a media capitalizzazione presso un istituto di credito, the Caisse des dépôts et consignations, the Banque de France, the Postal Bank, una società di investmento o una compagnia di assicurazioni soggetta al codice delle assicurazioni. ”
In linea di principio, suscettibile di essere associato ad un PEA tradizionale da parte di un singolo investitore, il “PEA PME-ETI” ha un quadro normativo identico a quello che disciplina il suo omologo preesistente per quanto riguarda le condizioni di esenzione total. la plusvalenza netta realizzata grazie agli investmenti, in modo che:
– La concessione delle agevolazioni fiscali è subordinata all’assenza di detrazioni per un periodo di cinque anni dalla prima erogazione;
– I prelievi non possono avvenire senza comportare la chiusura del piano fino alla scadenza di un periodo di otto anni dalla prima erogazione.
Logicamente, però, questo è solo destinato ad accogliere i titoli di un’azienda che, “da un lato, impiega meno di 5.000 persone e che, dall’altro, ha un fatturato non superiore a 1.500 milioni di euro o un totale di bilancio non superiore a 2.000 milioni di euro.” Anche il tetto dei pagamenti appare più contenuto, essendo stato fissato in 75.000 euro.
A poche settimane dalla sua implementazione, il sistema sembra avere un futuro promettente, poiché ha portato a una raccolta netta che ha già superato i 220 milioni di euro, pari a circa un terzo della raccolta netta dei fondi focalizzati sulle small e mid cap francesi per le tutto il 2013.
Ovviamente, tali informazioni dovrebbero, a nostro avviso, suscitare un po’ di gioia tra molti imprenditori così come tra molti contribuenti, all’interno di uno Stato – è ancora il caso di ricordarlo – il cui tessuto economico è essenzialmente costituito da strutture di piccole dimensioni e dove la tassazione ora colpisce in modo sproporzionato la maggior parte dei redditi della classe media.
Tali inizi sono peraltro tanto più degni di lode in quanto fino a poco tempo fa si poteva indubbiamente dubitare delle potenzialità di successo del meccanismo, a causa della commissione da parte del governo di un grave errore che ha portato a un vero e proprio vizio normativo.
In effetti, la questione della concreta determinazione delle società ammissibili appariva inizialmente la più spinosa, essenzialmente perché il principio secondo cui tale ammissibilità deve essere valutata a livello di gruppo, ove esistente, si fonda su alcuni dei testi che presentano una formulazione estremamente tecnica, e implica qui di ottenere informazioni relative a strutture i cui conti non sempre sono oggetto di una pubblicazione.
Fortunatamente, per chiarire la situazione, Bercy ha prontamente invitato le società interessate a rendere nota la loro ammissibilità, prima che il MEDEF e la Borsa di Parigi facessero lo stesso.
Ad oggi hanno risposto all’appello non meno di 250 aziende e non possiamo che augurarci che il trend continui nei prossimi mesi.