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This is a finding that riemerge costantemente and instantaneously nel nostro Paese: sebbene nessuno debba ignore la legge, ciò che nessuno ignora oggi è che la complessetà and l’instabilità della legislation del lavoro sembrano non avere limiti.
Completeness and instability of the legislation of the lavoro
Inizialmente fissata per il 1° gennaio, ma rinviata a cause di notevoli e prevedibili difficoltà, l’entrata in vigore di una durata minima del lavoro a tempo parziale è avvenuta alcuni anni fa.
Considerata dalla legge del 14 giugno 2013 sulla sicurezza del lavoro, una misura del genere, consistente nello stabilire un orario di lavoro settimanale minimo di ventiquattro ore, sembra davvero un’idea sconsiderata. Complicando e irrigidendo ulteriormente le condition occupazionali in Francia, è facile prevedere, anche senza una prima valuation, che l’effetto reale sarà lontano da quello inizialmente previsto, proseguendo tristemente la tendenza di un governo apparentemente incapace di trarre lezioni dagli errori del passato.
Certo, la volontà di legare sistematicamente il lavoro a tempo parziale alla scelta del lavoratore è innegabilmente lodevole, perché persegue un obiettivo fondamentale di lotta alla precarietà. Tuttavia, costruire frettolosamente un quadro normativo con molteplici lacune è immediatamente molto meno difendibile, poiché i dubbi che ne deriveranno danneggeranno sia i datori di lavoro, che avranno sicuramente difficoltà a comprendere chiaramente i loro nuovi diritti e obblighi, sia i dipendenti, che subiranno direttamente le conseguenze della preoccupazioni e incertezze dei primi.
Qualcuno potrebbe forse obiettare che il legislatore non è colpevole di eccessiva rigidità ideologica con una tale riforma, perché non ha omesso di associare l’obiettivo della sicurezza a quello della flessibilità, bramando così il simbolo della “flexi-security” di stampo francese capace di offrendogli una leggera tregua nei sondaggi.
Ed è vero che il principio è ben lungi dall’assumere una portata assoluta – e questo è molto positivo:
- In primo luogo, i singoli datori di lavoro non saranno interessati da tale periodo, grazie all’applicazione dell’articolo L 221-2 del Codice del lavoro;
- In secondo luogo, ogni lavoratore avrà il diritto di avanzare richiesta scritta e motivata volta a determinare un orario di lavoro settimanale inferiore alle ventiquattro ore, per far fronte a “vincoli personali” o per conciliare più attività;
- In terzo luogo, gli studenti saranno automaticallyamente esclusi dal campo di applicazione del sistema;
- In quarto luogo, i rami professionali hanno la possibilità di concludere accordi derogatori.
Ma eccoci qui: l’entità di tali deroghe evidenzia non solo il fatto che la necessità di stabilire una soglia di questo tipo forse non era assoluta; unit agli innumerevoli difetti di cui soffre il testo, annuncia puramente e semplicemente il peggio.
Tra queste imperfezioni, diverse hanno subtilo attracto la nostra attenzione, anche se l’elenco non è esaustivo.
Innanzitutto, non è stato fornito alcun chiarimento in merito ai “vincoli personali” che un dipendente può invocare, ed è molto probabile che, riguardo a fatti attinenti alla vita privata di tale attore, il datore di lavoro dovrà scegliere tra esponendosi al rischio di essere accusato di violazione della privacy del proprio personale o di deroga agli orari minimi di lavoro sulla base di criteri fantasiosi o inesistenti.
Cosa succede allora quando un dipendente invoca la scomparsa di tali vincoli? Il datore di lavoro ha l’obbligo immediato, indipendentemente dalle proprie capacità, di estendere l’orario di lavoro della persona interessata a 24 ore settimanali, o può semplicemente prendere in considerazione la richiesta del dipendente nell’ambito del diritto di priorità dell’articolo L3123- 8 del Codice del Lavoro?
Non da ultimo, si pone anche la questione di quale orario di lavoro debba essere preso in considerazione quando si sostituisce un dipendente che, su sua richiesta, ha un orario di lavoro inferiore alle ventiquattro ore. Il rischio è a priori elevato per il datore di lavoro, perché si può facilmente immaginare che il sostituto, assunto con contratto a tempo determinato per un periodo più lungo di quello dell’incaricato, giochi la carta della richiesta di riqualificazione del contratto in contratto a tempo indeterminato, sostenendo che la sostituzione del dipendente assente costituiva solo una ragione fittizia per ricorrere al contratto a tempo determinato.
In conclusione, avrete capito: il rimedio, se davvero può essere qualificato come tale, è chiaramente peggiore del male. Datori di lavoro, sarà necessaria grande vigilanza nei mesi a venire.
Studio legale DAMY , 30 maggio 2022